Chi si aspetta un’artista distante dal mondo si sbaglia: il filo conduttore di tutta la storia è il sorriso, perché Hevia sorride serenamente, questo è un tratto comune dei grandi artisti, la serenità è una forza che ti porta al sorriso.
Seguo concerti ormai da decenni, a vari livelli e latitudini e ho avuto modo di incontrare sulla mia strada i più disparati generi musicali e i loro interpreti, dagli Inti Illimani e il loro sorriso di chi ha visto la repressione, fino a Phil Collins con il sorriso dell’iperattivo naturale, passando dai Madredeus con il sorriso dell’icona di un canto, il fado che cambia il modo di vivere. Tra l’uno e gli altri due o tre generazioni di musica, passando da Demetrio Stratos a De Andrè, li ho incontrati tutti ora che ci penso e non credevo mi mancasse Hevia.
Ma la musica asturiana è nelle mie corde, definirla etnica è limitante preferisco definirla globale e appartenente alle radici del mondo, influenzata alla base dai popoli che errano e trasportano le loro vite e le loro tradizioni. Forse anche per questo l’approccio al concerto comincia con una sorpresa: arrivo con largo anticipo sul posto, ad Arzignano, e vado verso il teatro che sarà la location di questo concerto; Hevia è già lì sul posto, il destino ha deciso l’incontro sotto un bellissimo portico Palladiano, me lo trovo davanti che suona; non posso dire stesse provando, perché riconosco subito chi prova da chi suona. Si ferma per un attimo e mi chiede “questa ti piace?” “Bellissima” rispondo. Cominciamo a parlare in maniera naturale, come persone che si sono gia viste; scopro Hevia appassionato e conoscitore profondo, ferrato nel suo genere e di cultura musicale notevole: per ogni mio riferimento ai vari generi musicali lui accenna un qualche passaggio. Conosco bene il suo repertorio e quelle che ascolto sono tutte cose nuove, mai sentite, come dire che potrebbe incidere ancora moltissimo materiale e quello che si conosce di inciso è solo la minima parte di quanto è nel suo bagaglio musicale.
Venti minuti intensi, in un misto linguistico tra il mio pessimo spagnolo e il suo ottimo italiano, tra arrorò (ninne nanne)e canción de mayo, mi guarda da sotto in su se accenno a questi generi musicali, un paio di volte misura quel che so sui generi musicali; alla fine foto, autografi e saluti. Mi ero preparato una presentazione su carta fotografica e la fortuna vuole che senza ressa alcuna ci sia la possibilità della dedica, non potevo sperare di meglio.
Un salto temporale e siamo al concerto, puntualissimo e organizzato da un caro amico fondatore di un gruppo che vi invito a scoprire, i “Folk Studio A”, con la loro musica irish. Si abbassano le luci e tutto ha inizio con una serie di canzoni suonate l’una di seguito all’altra, riconosco Albo dal suo ultimo disco, Obsessión, e durante la serata quasi tutte le canzoni di questo album verranno eseguite. Seguono in rapida successione Naves, Carretera D’Aviles, La Carriola…un excursus in ordine sparso fra il passato e il futuro di questo strumentista. Vecchi e nuovi brani non necessariamente in ordine cronologico: seguono Vueltes e Soy Pastor; in una seconda traccia mentale, mentre li ascolto confronto il disco con quello che ascolto in versione live: comunque sia la versione live è ottimamente eseguita, i ritmi ben scanditi dalle percussioni della sorella di Hevia, Maria, il tamburo asturiano con i suoi tipici colori arriva solo alla quarta canzone, ogni singolo pezzo viene spiegato dalla voce bassa e calma di Hevia; seguono Albandi, Marcha Del Dos De Mayo, El Saltón, ritmi per le feste religiose, canti di lavoro, tracce dalla tradizione.
Sempre più dentro alla fiesta, sento il legame anche con altri gruppi, la matrice è simile, Llan de Cubel, Xeliba, Felpeyu, per nominarle alcuni; altri ricordi, altre canzoni e ad un certo punto Hevia si ferma per un’attimo, “non dovrei essere qui” – dice – “avessi saputo che questa serata coincideva con la partenza della Mille Miglia di Brescia forse ora sarei tra quelle auto, che sono anche la mia passione”; ma è solo un attimo. Parte Busindre Reel, la gente è in piedi, il piccolo teatro trema, battiti di mani, canti, Maria incita il ritmo,l’acustica è perfetta. Ancora altri classici, Sobrepena, Tanzila, questa mi ricorda i Tannahill Weavers, sembra non finire e anche i bis arrivano naturalmente, concerto perfetto per modi e tempi.
La formazione a tre, Hevia, la sorella Maria e Dina Majado Gonzalez al pianoforte è ideale per il luogo.
Cosa dire di più? Una nota a margine: finito il concerto i ragazzi dell’organizzazione hanno portato Hevia a Brescia, per vedere l’arrivo della “Mille Miglia”.
Un salutissimo da Adriano.